Le intese striminzite L’inizio della legislatura fu contraddistinto dall’esigenza di una larga intesa politica che sia sul piano del governo che su quello istituzionale, potesse riuscire a centrare obiettivi di stabilità e di crescita economica. Lo stesso Bersani, una volta ricevuto l’incarico di governo era consapevole di questa necessità tanto da aprire al movimento 5 stelle. Grillo, convinto che bastasse salire sul tetto di Montecitorio perché il Paese gli cadesse in bocca come un frutto maturo, fu la rovina di Bersani. La rovina di Enrico Letta, invece, fu pensare che escluso dal parlamento Berlusconi, suo partner di maggioranza, un governo striminzito sarebbe stato più forte. Renzi, molto più duttile, trovò un’intesa proprio con Berlusconi, non facendosi grandi illusioni sul peso elettorale di Alfano, Casini e Monti. Dopo le elezioni europee, purtroppo per Renzi, Berlusconi non vale più del sedici per cento e anche se Renzi ha superato il 40, con il 5 per cento scarso dei suoi alleati di governo, si tratta pur sempre di un’intesa che comprende poco di più della metà degli aventi diritto al voto. Un 49% del paese si è ritirato dalla competizione elettorale ed il venti per cento dell’elettorato continua a votare per Grillo. Possono pensare Renzi e Berlusconi di fare da soli con Salvini e una parte di Sel, la riforma costituzionale? Anche se Pd e Pdl fossero coesi come un sol uomo dietro al volere dei loro leader, cosa che proprio non appare, si tratterebbe pur sempre di una riforma dell’impianto costituzionale del paese compiuta da una maggioranza relativa, buona per fare un programma economico, forse, una riforma della giustizia al limite, non certo di ridefinire l’impianto costituzionale dello Stato, come si pretenderebbe fare, rottamando il bicameralismo perfetto. L’obiezione che proviene dalle menti più acute del governo è che Grillo è arrivato troppo tardi, non che Renzi e Berlusconi abbiano fatto partire il treno troppo presto. Perché, dopo la sentenza della Consulta, per la quale la legge elettorale con cui era stato eletto l’attuale Parlamento, difettava di costituzionalità, solo degli irresponsabili potevano pensare di procedere con la riforma costituzionale a larga maggioranza. Basterà che Grillo promuova un referendum e tutto il lavoro che questo Parlamento sta svolgendo nel merito, sarà reso inutile, esattamente, come accadde con la riforma proposta dal centrodestra al termine della legislatura nel 2005, il cui impianto, bocciato dai cittadini italiani è simile a quello su cui hanno trovato l’intesa Renzi e Berlusconi. Simile, ma di gran lunga peggiore, visto che il Senato della riforma Calderoli era elettivo come la Camera e non di secondo grado, come si vorrebbe oggi. Questo creerà uno scompenso che i signori estensori dell’intesa nemmeno si immaginano, escluso l’onorevole Brunetta che invece se lo immagina talmente bene da essere assolutamente contrario. Pd e Pdl stanno correndo spensieratamente incontro ad un flop clamoroso che si abbatterà su Renzi, molto di più che su Berlusconi, su cui già si è abbattuto di tutto. Vi sarebbe un solo modo per evitarlo, visto che Grillo dissente e rappresenta il 20% dell’elettorato: fermare tutto e convocare un’assemblea costituente da eleggere sulla base della legge elettorale uscita dalla consulta, il proporzionale puro. Non vi sono altre sedi proprie per una seria e meditata riforma della Costituzione. Invece, state sicuri che andranno avanti fino a sbattere la capoccia contro il muro che gli abbiamo descritto, un muro che si chiama Repubblica italiana. Roma, 8 luglio 2014 |